Creata trachea artificiale in laboratorio

E’ sempre più vicino il giorno in cui, finalmente, si riusciranno a ricostruire gli organi umani con le cellule staminali.

Un importante passo avanti nelle medicina rigenerativa è stato compiuto proprio da un chirurgo italiano, il Professor Paolo Macchiarini, che nel luglio scorso ha trapiantato, all’Istituto Karolinska di Stoccolma, che dirige, una trachea “bioartificiale” in un paziente affetto da tumore alla trachea, l’ingegnere Andemariam Beyene. Oggi, a quattordici mesi dall’intervento, Beyene è in buone condizioni di salute, un vero e proprio miracolo, considerato che il tumore, grosso come una pallina da golf, che gli ostruiva la trachea, l’aveva condannato a morte certa.

L’organo è stato creato in laboratorio ricoprendo un’impalcatura in materiale plastico biocompatibile, prodotto delle più avanzate nanotecnologie, con cellule staminali prelevate dal midollo osseo dello stesso paziente e lasciate crescere per un giorno e mezzo in una sorta di incubatrice.

Finora, come nel caso Beyene, sono state utilizzate impalcature artificiali, ma i ricercatori stanno studiando l’utilizzo di impalcature naturali ricavate da animali o, in prospettiva, da cadaveri, che riducano ulteriormente il rischio di rigetto, rischio peraltro già minimizzato dal fatto che si usano cellule dello stesso paziente trapiantato. Sempre a Stoccolma, il Dottor Philipp Jungebluth, sperimentando sui topi, ha costruito un abbozzo di un cuore e di due polmoni eliminando le cellule con un detergente ma conservando, appunto, l’impalcatura dell’animale.

Il primo ad impiantare sull’uomo un organo creato con le staminali, fu, nel 1999, Anthony Atala, direttore dell’Istituto di medicina rigenerativa della Wake Forest University, North Carolina, il quale costruì e trapiantò, con successo, una vescica artificiale in sette bambini affetti da gravi malattie congenite della vescica.

Altri risultati sono stati già raggiunti nei vasi sanguigni, su animali da esperimento, e gli studi proseguono per fegato, polmoni, reni e cuore, inoltre si aprono speranze anche per tessuti una volta considerati impossibili da ricostruire, come pancreas, cervello e occhi.

La strada è ancora lunga, ma forse il traguardo non è poi così lontano. Il traguardo di un giorno in cui nessun paziente in lista d’attesa dovrà morire per carenza di organi donati.

Francesca Boldreghini