Michael Stepien, morto nel settembre 2006, non ha potuto avere la gioia di accompagnare sua figlia Jeni all’altare.

Eppure era lì.

Il suo cuore era lì.

Quando venne ucciso da un sedicenne mentre tornava dal lavoro, la famiglia decise di donare i suoi organi. Il suo cuore andò ad Arthur Thomas, padre di quattro figli, in attesa di trapianto a causa di una tachicardia ventricolare diagnosticatagli 16 anni prima e che, ormai, l’aveva fatto giungere alla fine dei suoi giorni.

Attraverso l’Organizzazione Center for Organ Recovery and Education, che permette ai parenti dei donatori ed ai destinatari dei trapianti di rimanere in contatto, le due famiglie, del donatore e del ricevente, hanno mantenuto un contatto stretto, seppure a distanza, fino all’incontro, a dieci anni dal trapianto, per realizzare il sogno della giovane sposa.

“Ho potuto sentire il suo battito”, ha dichiarato Jeni, emozionantissima mentre, all’altare, posava la mano sul petto dell’uomo, decidendo poi di condividere questa bellissima storia al fine di promuovere la donazione degli organi. “Se ho aiutato anche una sola persona a cambiare idea sulla donazione degli organi, ho realizzato un sogno”, ha dichiarato.

Una cosa è certa, storie come questa valgono più di mille parole.

Francesca Boldreghini