Dal prossimo anno avrò un doppio compleanno. Festeggerò quello di Novembre, già pregustando il nuovo, il 19 Giugno.
Non credo riceverò mai un regalo più bello di quello che mi è arrivato quel lunedì, mentre uscivo dall’acqua fredda del fiume, per tornare a giocare con mia figlia e il mio nipotino, rubandogli una manciata di mirtilli, visto che lui si era divorato la mia banana.
L’ultimo cibo che ha dovuto elaborare il mio fegato stanco, che negli ultimi anni, produceva solo problemi di varie dimensioni, sui quali bisognava sempre intervenire.

Alle16.54 il telefono ha squillato. Era la telefonata. Sì, quella. E finalmente quella giusta.

“La voce che mi dice: “signor Umberto, abbiamo un fegato che potrebbe essere adatto a lei…”
“Lo prendo” rispondo fingendo di avere il pieno controllo delle emozioni.
La risata del chirurgo dall’altra parte, ancora la sua voce che mi dettaglia sul regalo che potrei ricevere, la mia che la interrompe perchè il cervello sta evaporando e non capisce una parola di quello che gli viene detto, il sorriso di mia figlia che ha intuito e si dispone al rientro.
“Dottore, sarò lì in due ore al massimo, la trovo ancora?” “Sì, così parliamo con calma”.

Arrivo allo Zonda in un’ora e dieci, con la metro, da Famagosta, dopo aver strapazzato un poco il piccolino, che quel giorno ha imparato almeno quattro nuove parolacce da usare in mezzo al traffico, loro tornano a casa, io ho ormai ripreso il controllo di me stesso, cerco di pensare che sarà la volta buona, dopo lo scoramento di tre giorni prima, quando il cuore del donatore ha ceduto appena prima di poter espiantare il fegato e gli altri organi che avrebbe voluto lasciare a chi non aspettava altro. Mia moglie arriva, da un’altra direzione, mentre sono a colloquio con il medico da pochi minuti.

Da quel momento tutto fila liscio, quasi un premio per la pazienza e la forza di volontà che io e la mia famiglia abbiamo sempre profuso nell’affrontare quello che di brutto ci riserva la vita.
Combattendo con tutte le forze, in tutte le situazioni, non dimenticando mai che ogni problema ha la sua soluzione.

L’intervento viene effettuato in tempi da record, otto ore contro le dodici generalmente preventivate. “Nessun intoppo”, questo dice un medico alla mia dolce, tostissima moglie incredula.

Una équipe di eccellenza assoluta, al cui operato ho sempre guardato con speranza e ammirazione durante questa lunga attesa, mi mette in condizione di tornare a vivere come una persona normale, esattamente come quelle che viaggiavano sulla metro con me solo poche ore prima.

Persone. Semplicemente e solo persone. Vere. Che ho imparato a conoscere nei giorni successivi, persone che danno speranza, non solo ai malati che curano. Vedi il loro impegno, la loro ambizione,
l’armonia e la lucidità che esprimono nel parlarti e nel parlarsi tra di loro.
Ti allarga il cuore renderti conto che esistono, sono tante e la contrapposizione con la quantità di personaggi degni del circo Barnum, con cui si ha a che fare quotidianamente, riempie di nuova speranza per il futuro della società e dei nostri figli.

Nei giorni successivi il rifluire delle energie. Un autentico risveglio primaverile, sensazioni di benessere che non provavo da anni e che non avrei nemmeno più sperato di provare.
L’espressione e le parole dei medici e degli infermieri sono di inequivocabile soddisfazione.
Mi scopro a provare una specie di imbarazzo nel parlare con altri ricoverati, per i quali le cose non stanno ancora prendendo la piega desiderata, ma poi penso che è solo questione di tempo, che alcuni non hanno avuto la fortuna di arrivare al trapianto in condizioni fisiche e psicologiche ottimali e così dico loro di tenere duro, di non considerare altre ipotesi che la guarigione.

Perchè è questo quello che succede qui, si guarisce. E anche il ritorno alla vita fuori da qui è gestito con attenzione, tant’è vero che le persone dimesse, tornano a salutare tutte le volte che si trovano da queste parti, per incoraggiare chi è nel mezzo della tempesta, per sentirsi accogliere con gioia dal personale e perchè forse, gli sembra di non aver davvero mai ringraziato abbastanza.

Sappiamo di essere fragili, che in questo primo periodo anche il bacio di un bambino un po’ raffreddato può crearci dei problemi, ad ogni dolorino di assestamento ci ricordiamo di stare con i piedi per terra, di fare quello che va fatto e basta, nei tempi giusti e senza velleità da supereroe, ma sappiamo anche di essere in ottime mani, che ci sarà sempre una risposta chiara ai nostri dubbi e anche se qualche volta non sarà quella desiderata, ci verrà sempre prospettata una possibile soluzione.

Domenica primo luglio, a soli dodici giorni da quello successivo all’intervento, si chiude questo capitolo. Il prossimo è tutto da scrivere. Su un foglio pulito e con una penna nuova.
Se mi possa ritenere un uomo fortunato è piuttosto difficile da dire, del resto ci vuole anche un pizzico di fortuna in tutte le cose, ma ho anche la sensazione di essere riuscito a riscuotere un grosso credito un attimo prima che venisse dichiarato inesigibile, grazie alla capacità di non perdere mai di vista il mio obiettivo ed alla determinazione nel tenere lontano pensieri negativi e persone tossiche.
E ora, nel fresco silenzioso della mia casa, assaporerò qualche momento di riposo con la esaltante prospettiva di essere prestissimo di nuovo in sella.